Se stai valutando l’idea di iniziare una propria impresa in Italia come libero professionista, e prevedi di gestire un’attività individuale o di esercitare la tua professione in modo regolare anziché sporadico, sarà quasi certamente necessario registrare ed aprire una partita IVA.

Ti sembra un processo complesso? Non preoccuparti, nonostante il passo verso il lavoro autonomo possa apparire come un grande passo verso l’ignoto, una corretta pianificazione facilita l’ingresso in questa nuova fase di lavoro con minori ostacoli. Al fine di supportare tutti coloro che decidono ai aprire una partita iva abbiamo deciso di realizzare il sito PartitaIvaOnline.com dove mettiamo a disposizione tutte le informazioni, procedure, documenti e novità inerenti il mondo della Partita Iva e del lavoro autonomo.

Che cos’è la Partita IVA e a cosa serve

La partita IVA rappresenta un elemento imprescindibile per imprenditori individuali, entità aziendali e professionisti. Si compone di un codice numerico di 11 cifre che ha lo scopo di identificare soggetti fisici o entità giuridiche:

  • Le prime 7 cifre connettono la partita IVA all’individuo o entità titolare di contributo.
  • Le 3 cifre successive sono impiegate per l’identificazione geografica da parte dell’Agenzia delle Entrate.
  • L’ultima cifra costituisce un numero verificatore.

La partita IVA qualifica il possessore dell’attività e la sua posizione nei confronti delle obbligazioni fiscali, consentendogli di adempiere a varie responsabilità tributarie, quali:

  • IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche),
  • IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive),
  • Contributi previdenziali INPS,
  • Assicurazione INAIL,
  • Registrazione presso la Camera di Commercio.

Questi elementi sono essenziali per garantire la corretta gestione fiscale e contributiva della propria attività professionale o imprenditoriale.

La partita IVA costituisce il meccanismo attraverso il quale imprese, liberi professionisti o lavoratori indipendenti (quali commercianti, artigiani, etc.) sono autorizzati a condurre transazioni commerciali, sia nell’ambito dell’acquisto che della vendita di beni e servizi. Un lavoratore autonomo opera in maniera indipendente, senza essere vincolato da un rapporto di subordinazione con un datore di lavoro, agendo quindi come proprio datore di lavoro.

Qualora un individuo eserciti in modo abituale e professionale un’attività lavorativa autonoma, è tenuto a gestirla sotto il regime della partita IVA. Esiste un limite di soglia, fissato convenzionalmente in 5.000 euro di ricavi lordi annuali, al di sopra del quale si presume necessaria l’iscrizione alla partita IVA.

Al di sotto di questa cifra, in teoria, è possibile optare per alternative come la ritenuta d’acconto, salvo dimostrare la regolarità e continuità dell’attività svolta. La partita IVA emerge dunque come lo strumento privilegiato per condurre un’attività in piena autonomia, conformemente alle normative fiscali italiane, permettendo l’emissione di fatture, il versamento dei contributi e il sostegno alla previdenza sociale.

Coloro che operano senza partita IVA, salvo specifiche esenzioni, sono considerati in violazione delle norme vigenti e, come tali, suscettibili di sanzioni legali.

Costi e Documenti Apertura Partita IVA

 

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Tasse da Pagare con la Partita IVA, quali sono?

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Contributi INPS Partita IVA, a quanto ammontano?

Tra le varie spese/tasse che un titolare di partita iva deve affrontare ci sono anche i famosi contributi Inps da versare ogni anno, ma a cosa servono e a quanto ammontano?

 

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Partita IVA e Codice Ateco, che cos’è e a cosa serve

Il codice ateco è una componente essenziale della Partita IVA, non può esistere una P.IVA senza un codice ateco, ma che cos’è e a cosa serve esattamente? Lo vediamo in questo paragarafo.

Ogni imprenditore e professionista con partita IVA è a conoscenza dell’esistenza del codice Ateco. Questo termine nasce dall’unione delle parole “ATtività ECOnomica”. Ma di che cosa si tratta esattamente? Il codice Ateco è un identificativo composto da cifre e lettere che descrive la natura dell’attività economica svolta.

La versione del sistema di classificazione Ateco correntemente applicata risale al 2007, con un aggiornamento effettuato nel 2022, entrato in vigore dal 1° gennaio dello stesso anno.

Questo aggiornamento è stato ratificato da enti e istituzioni come l’ISTAT, l’Agenzia delle Entrate, le Camere di Commercio, oltre a vari Ministeri e associazioni del settore imprenditoriale.

Pertanto, l’ultima revisione dei codici Ateco si fonda sui criteri del 2007, aggiornati al 2022, e trova applicazione in ambiti statistici, fiscali e previdenziali. Questa classificazione, soggetta a revisioni periodiche, risponde alla necessità di adeguarsi all’evoluzione delle attività economiche.

Il codice Ateco si caratterizza per:

  • Le lettere, che identificano il macrosettore di appartenenza;
  • I numeri, che variano da due a sei cifre a seconda della precisione richiesta, definiscono le specifiche suddivisioni e sottocategorie di ciascun settore.

Di conseguenza, il codice Ateco permette di catalogare sia le imprese sia le attività esercitate da persone fisiche possessori di partita IVA in modo indipendente. La classificazione Ateco deriva direttamente dalla Nace, acronimo che sta per la nomenclatura europea delle attività economiche, e costituisce il punto di riferimento per l’elaborazione e la diffusione di dati statistici riguardanti il settore economico.

Il sistema di classificazione Ateco 2007 con aggiornamento al 2022 assume una significativa importanza per l’ambito fiscale. È fondamentale che ogni variazione relativa all’attività prevalente svolta dall’impresa venga tempestivamente comunicata all’Agenzia delle Entrate al fine di aggiornare il codice relativo all’attività economica svolta.

Tutte le sezioni del codice Ateco

Sezione Settore di attività
A AGRICOLTURA, SILVICOLTURA E PESCA
B ESTRAZIONE DI MINERALI DA CAVE E MINIERE
C ATTIVITÀ MANIFATTURIERE
D FORNITURA DI ENERGIA ELETTRICA, GAS, VAPORE E ARIA CONDIZIONATA
E FORNITURA DI ACQUA; RETI FOGNARIE, ATTIVITÀ DI GESTIONE DEI RIFIUTI/RISANAMENTO
F COSTRUZIONI
G COMMERCIO ALL’INGROSSO E AL DETTAGLIO; RIPARAZIONE DI AUTOVEICOLI E MOTOCICLI
H TRASPORTO E MAGAZZINAGGIO
I ATTIVITÀ DEI SERVIZI DI ALLOGGIO E DI RISTORAZIONE
J SERVIZI DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE
K ATTIVITÀ FINANZIARIE E ASSICURATIVE
L ATTIVITA’ IMMOBILIARI
M ATTIVITÀ PROFESSIONALI, SCIENTIFICHE E TECNICHE
N NOLEGGIO, AGENZIE DI VIAGGIO, SERVIZI DI SUPPORTO ALLE IMPRESE
O AMMINISTRAZIONE PUBBLICA E DIFESA; ASSICURAZIONE SOCIALE OBBLIGATORIA
P ISTRUZIONE
Q SANITA’ E ASSISTENZA SOCIALE
R ATTIVITÀ ARTISTICHE, SPORTIVE, DI INTRATTENIMENTO E DIVERTIMENTO
S ALTRE ATTIVITÀ DI SERVIZI
T ATTIVITÀ DI FAMIGLIE E CONVIVENZE COME DATORI DI LAVORO PER PERSONALE DOMESTICO; PRODUZIONE DI BENI E SERVIZI INDIFFERENZIATI PER USO PROPRIO DA PARTE DI FAMIGLIE E CONVIVENZE
U ORGANIZZAZIONI E ORGANISMI EXTRATERRITORIALI

Il codice Ateco viene adottato anche per categorizzare le attività economiche e si sviluppa attraverso una struttura tecnica articolata in cinque livelli principali, ognuno dei quali è identificato da un codice specifico:

  • Alfabeticamente per le sezioni;
  • Con due cifre numeriche per le divisioni;
  • Con tre cifre numeriche per i gruppi;
  • Con quattro cifre numeriche per le classi;
  • Con cinque cifre numeriche per le categorie;
  • E infine con sei cifre numeriche per le sotto categorie.

Questa classificazione segue una logica “ad albero”, che inizia dal primo livello, il più generico, comprendente 21 sezioni, e si dirama fino al sesto livello, il più dettagliato, che include 1.226 sotto categorie. Questa struttura gerarchica facilita il contribuente nella scelta del codice più adatto, permettendo di iniziare da una visione d’insieme per poi specificare progressivamente fino a identificare la sotto categoria che descrive più precisamente la propria attività economica.

Tale sistema di classificazione mantiene una standardizzazione a livello europeo fino al quarto livello (le classi), garantendo uniformità nella descrizione delle attività economiche fino a questo grado di dettaglio.

I livelli successivi, ovvero le categorie e le sotto categorie (quinto e sesto livello), possono presentare variazioni tra i diversi Paesi membri dell’Unione Europea, al fine di adattarsi meglio alle particolarità e alle specificità nazionali.

Partita Iva e Regime Forfettario 2024, come funziona?

Il Regime Forfettario è un regime introdotto per agevolare le nuove partite iva nel pagamento di meno tasse e tributi, l’itento ha prodotto i suoi frutti, infatti l’introduzioni di questo regime agevolato ha portato ad un notevole aumento nel numero di nuove partite iva aperte, ma come funziona esattamente, quali sono le tasse che si pagano, e quali sono i requisiti per poter accedere a tale regime?

Il funzionamento del regime forfettario nel 2024 si articola su determinate condizioni d’accesso, essenziali per comprendere quali soggetti siano idonei a beneficiare della tassazione ridotta del 15%, specificamente dedicata alle piccole partite IVA.

Secondo le disposizioni della Legge di Bilancio del 2024, il limite massimo di ricavi o compensi che permette l’adesione alla flat tax del 15% è stato mantenuto a 85.000 euro, insieme ad altri criteri già stabiliti. Rimane invariata anche la barriera dei 100.000 euro, oltre la quale si verifica l’esclusione automatica dal regime agevolato, come evidenziato da una recente nota dell’Agenzia delle Entrate.

È importante notare che il passaggio al regime ordinario IVA avviene non appena si riceve un pagamento che eccede il limite prefissato per l’elusione fiscale.

Tra le novità rilevanti vi è l’ampliamento dell’obbligatorietà della fatturazione elettronica. A partire dal 1° gennaio 2024, è stato abolito l’esonero per le partite IVA che generano ricavi o compensi fino a 25.000 euro.

Per quanto riguarda i criteri di accesso e permanenza nel regime forfettario, questi non hanno subito variazioni nel 2024, rimanendo fedeli a quanto stabilito dalle normative precedenti.

La soglia per beneficiare della flat tax del 15% resta fissata a 85.000 euro di ricavi o compensi.

La soglia antielusione è confermata a 100.000 euro: al di sotto di questo limite, è possibile applicare il regime forfettario. Oltrepassando tale soglia con l’incasso dei pagamenti, si perde il beneficio del regime agevolato, con effetto immediato nell’anno in corso.

È doveroso precisare, come indicato dalla circolare n. 32/2023 dell’Agenzia delle Entrate, che per il calcolo del limite dei 100.000 euro è determinante l’incasso effettivo dei ricavi e compensi, a prescindere dalla data di emissione delle fatture.

Dunque, l’obbligo di applicare l’IVA si attiva dal momento in cui si riceve il pagamento, anche se questo avviene dopo l’emissione della fattura corrispondente.

Nel delineare le caratteristiche del regime forfettario per il 2024, è cruciale approfondire le modalità di funzionamento, la tassazione agevolata e le facilitazioni normative offerte ai contribuenti. Questo regime fiscale presenta tre principali benefici per coloro che sono ammessi:

  • Una tassazione favorevole;
  • Una diminuzione dei versamenti contributivi INPS;
  • Semplicità burocratica sia per l’IVA che per le tasse sui redditi.

Coloro che rispettano i limiti di reddito e gli altri criteri legislativi possono godere di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF al 15%, che in certe condizioni può essere ulteriormente ridotta al 5%.

Un ulteriore vantaggio riguarda il calo del 35% dei contributi previdenziali INPS necessari, beneficio che si ottiene attraverso l’invio di una notifica specifica all’INPS entro il termine del 29 febbraio. Questo alleggerimento fiscale è rivolto a coloro che:

  • Esercitano attività imprenditoriali;
  • Sono tenuti all’iscrizione nella gestione separata INPS per artigiani e commercianti.

Questo alleggerimento, però, non è esteso ai detentori di partita IVA sotto il regime forfettario che esercitano professioni:

  • Senza necessità di iscrizione alla Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura (CCIAA);
  • Senza l’obbligo di affiliarsi a un ente previdenziale professionale;
  • Obbligati all’iscrizione solo alla gestione separata INPS per professionisti senza cassa di previdenza specifica.

Queste misure mirano a incentivare l’imprenditorialità e a semplificare il carico fiscale e burocratico per le piccole imprese e i liberi professionisti, favorendo così lo sviluppo economico e la competitività nel mercato.

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Partita IVA e Fatturazione Elettronica

A partire dal 1° gennaio 2024, l’obbligo della fatturazione elettronica è stato esteso a tutti i contribuenti che applicano il regime forfettario, a prescindere dall’ammontare di ricavi o compensi percepiti. Ciò comporta la necessità di emettere, ricevere e archiviare le fatture in formato elettronico sia nelle transazioni con la Pubblica Amministrazione (PA) sia in quelle intercorse tra privati (B2B e B2C), indipendentemente dal possesso di una Partita Iva.

La mancata osservanza di tale disposizione comporta l’applicazione di sanzioni.

Questa guida intende fornire una panoramica completa sull’argomento, illustrando i passaggi fondamentali per la creazione e l’invio di una fattura elettronica. Verrà inoltre spiegato come ricevere le fatture elettroniche e le modalità di conservazione. Un’attenzione particolare verrà data all’importanza di avvalersi di software specifici che facilitino non solo l’emissione delle fatture ma anche la gestione dei pagamenti e degli adempimenti burocratici.

Dalla seconda metà del 2022, anche i contribuenti forfettari hanno iniziato a conformarsi alle normative sulla fatturazione elettronica, in linea con gli obiettivi delineati nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), seguendo l’esempio di chi è già assoggettato al regime ordinario.

Il governo italiano si è impegnato a promulgare normative primarie e secondarie con lo scopo di promuovere la cosiddetta “tax compliance”. Inizialmente, la fatturazione elettronica era obbligatoria esclusivamente per i titolari di Partita Iva ordinaria, prevedendo tuttavia un periodo transitorio per coloro che applicano il regime forfettario, entro determinati limiti di ricavi o compensi.

Il calendario di implementazione prevedeva:

  • L’obbligo della fattura elettronica dal 1° luglio 2022 per i contribuenti che nell’anno precedente hanno registrato ricavi o compensi superiori a 25.000 euro;
  • Estensione dell’obbligo a tutti i titolari di Partita Iva da gennaio 2024.

Sebbene nel 2023 alcuni soggetti fossero ancora esentati, la normativa subisce una svolta decisiva dal 2024.

L’allargamento dell’obbligo di fatturazione elettronica ha come obiettivo primario quello di contrastare l’evasione fiscale, includendo tra i soggetti obbligati anche coloro che operano sotto il regime forfettario. Tale estensione ha ricevuto l’approvazione dell’Unione Europea, segnando un passo importante nella lotta contro le pratiche evasive nel settore fiscale.

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Falsa Partita IVA, Sanzioni, Rischi

La tematica delle cosiddette “partite Iva false” rappresenta una questione delicata e complessa nel panorama lavorativo, segnando il confine tra l’autonomia professionale e il lavoro dipendente attraverso pratiche poco trasparenti e illegittime.

Si configura un rapporto lavorativo che, sebbene camuffato da collaborazione indipendente mediante l’utilizzo di una partita Iva artefatta o simulata, costituisce in realtà una relazione di dipendenza, violando così i fondamenti etici e legali di un impegno lavorativo correttamente definito. Ma come si fa a individuare le partite Iva inautentiche e quali sono le potenziali ripercussioni giuridiche ed economiche per i soggetti coinvolti? Esploriamo insieme queste dinamiche.

La definizione di “partita Iva falsa” si riferisce a quelle circostanze lavorative dove il lavoratore viene obbligato ad aprire una partita Iva, assumendo formalmente la veste di professionista autonomo, malgrado si trovi effettivamente in una condizione di dipendenza.

In tali contesti, nonostante la partita Iva sia stata aperta regolarmente, essa viene considerata “falsa” poiché il titolare non soddisfa le condizioni reali di autonomia lavorativa, eludendo i criteri stabiliti per l’autonomia professionale.

Analizziamo ora le circostanze in cui ciò si verifica e, in particolare, quali sono le sanzioni previste.

Per identificare una partita Iva che non rispecchia un’autentica autonomia lavorativa, è fondamentale comprendere prima di tutto che chi detiene una partita Iva dovrebbe beneficiare di una significativa autonomia nella gestione del proprio lavoro.

Questo si traduce nella libertà di decidere come, dove e quando svolgere le attività lavorative, purché si adempia agli obblighi contrattuali prestabiliti.

Un collaboratore autonomo, dunque, ha la possibilità di organizzare il proprio lavoro secondo preferenze personali, senza vincoli di luogo o di orario, a condizione che il risultato del lavoro venga conseguito entro i termini concordati.

Per distinguere una situazione di finta partita Iva, occorre valutare alcuni criteri chiave che suggeriscono la presenza di un rapporto di lavoro subordinato mascherato:

  • Criterio temporale: se il collaboratore ha prestato la sua opera per almeno 8 mesi, anche non consecutivi, nell’arco di due anni, per lo stesso datore di lavoro, si può ipotizzare un legame di subordinazione.
  • Criterio del fatturato: se nei due esercizi finanziari consecutivi, i compensi ricevuti da un singolo committente rappresentano almeno l’80% del fatturato totale del lavoratore autonomo, questo può indicare una dipendenza economica dal committente, elemento tipico del rapporto di lavoro dipendente.
  • Criterio organizzativo: qualora il lavoratore autonomo svolga le sue funzioni all’interno di strutture designate dal committente e seguendo orari definiti (come ad esempio l’orario d’ufficio), ciò può rivelare un’integrazione nel contesto organizzativo del committente, caratteristica propria di un rapporto di lavoro subordinato.

Questi parametri aiutano a discernere situazioni in cui la partita Iva viene utilizzata in modo improprio, celando di fatto una relazione lavorativa che dovrebbe essere regolamentata da un contratto di lavoro dipendente.

L’utilizzo o l’istituzione di una partita IVA inesatta comporta conseguenze legali rilevanti, che variano a seconda della serietà della violazione e delle circostanze specifiche.

Queste irregolarità, una volta individuate e comprovate attraverso i criteri precedentemente descritti, innescano responsabilità amministrative, fiscali e previdenziali sia per il datore di lavoro che per il lavoratore coinvolto.

Nello specifico, la gestione di una partita IVA artificiosa determina:

  • Per il committente, l’esposizione a sanzioni legate a violazioni amministrative, fiscali e contributive, in quanto viene riconosciuta la sua responsabilità nell’aver mascherato un rapporto di lavoro dipendente sotto la forma di collaborazione autonoma.
  • Per il lavoratore, il riconoscimento come dipendente a tempo indeterminato, con tutti i diritti e le tutele derivanti da tale status, inclusa la retroattività delle prestazioni lavorative qualora si dimostri l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato.

Va notato, tuttavia, che dal 1 gennaio 2016, grazie alle disposizioni introdotte dal Jobs Act, si è aperta una nuova via per i datori di lavoro. In presenza di collaboratori che, alla luce dei criteri definiti, dovrebbero essere considerati lavoratori dipendenti, il datore di lavoro ha la possibilità di regolarizzare la situazione assumendoli con un contratto a tempo indeterminato.

Questa scelta consente di sanare la posizione irregolare, evitando le sanzioni previste per il ricorso a false partite IVA, mediante la trasformazione del rapporto lavorativo in uno legittimo e trasparente.